Cari lettori,
Oggi parliamo di un uomo, James Dyson che ha rivoluzionato il settore degli aspirapolvere e non solo.
Della sua vita si parla nell’autobiografia “Invention-La mia storia“, uscita nel 2022 che ho avuto occasione di rileggere per la stesura di questo articolo.
Partiamo dalla fine…parlando di determinazione
5127 sono i tentativi fatti da James Dyson per arrivare ad una versione spendibile di aspirapolvere ciclonico, ovvero un modello che consentisse di disfarsi, definitivamente, di quei fastidiosi sacchetti filtra polvere che andavano sempre ricomprati e che venivano installati in aspirapolvere poco efficienti.
Il numero dei tentativi mi ha lasciato allibito perché vi invito a pensare ad un uomo che, come egli stesso scrive, “non era dotato di una preparazione ingegneristica o scientifica” e che “il più delle volte era coperto di polvere, indebitato fino al collo ma felice e concentrato“.
Quest’uomo aveva una moglie e tre figli, all’epoca piccoli, ed ha investito tutto se stesso e ciò che aveva per costruire prodotti che potessero migliorare la vita delle persone, perseverando nonostante debiti, battaglie legali sui suoi brevetti e tradimenti da parte dei propri ex soci.
Il tentativo numero 5127 si tradusse nel prodotto che, di fatto, divenne il primo aspirapolvere ciclonico commercializzato dall’azienda, un modello su cui si è basata la Dyson moderna.
Il piccolo James, orfano e artista
Dyson nasce a Cromer, nella contea di Norfolk (UK), il 2 maggio 1947. Il padre Alec era un professore di materie umanistiche ed anche il fratello Tom e la sorella Shanie erano sulla stessa linea in termini di interessi scolastici. La madre, Mary, in tempo di guerra si era arruolata nella Waaf (Women’s Auxiliary Air Force) subito dopo aver frequentato la Perse School a Cambridge, senza andare all’università, seppure riprenderà con successo gli studi in seguito. Anche il padre era un militare che aveva insegnato in Kenya e combattuto in Abissinia, tornando dalla Birmania nel 1946.
Come scrive Dyson, a casa loro nel Norfolk non c’era la tv, il riscaldamento non era mai sufficiente, non c’erano giocattoli nuovi e, in generale, vi trovavano spazio pochissimi beni di consumo.
Il padre morì nel 1956 a quarant’anni, quando James ne aveva solo nove, a causa di un cancro che aveva aggredito gola e polmoni. La madre morì invece più avanti, nel 1978, sempre per un cancro, questa volta però al fegato.
Dopo la scuola, il preside scrive a James: “L’aspetto dello studio, anche se dobbiamo fingere che sia importante, conta relativamente poco. Te la caverai molto meglio se non avrai mucchi di noiosi diplomi pieni di conoscenze teoriche che ti pendono dal collo. Buona fortuna alla scuola d’arte!“.
Influenzato dall’estrazione umanistica della sua famiglia, James frequenta il Royal College of Art, intraprendendo una strada che lo porterà a studiare Design.
Aveva le idee chiare, la creatività era un aspetto della vita fondamentale che le scuole non approfondivano abbastanza. È grazie alla creazione di novità che si possono risolvere problemi latenti considerati tendenzialmente insormontabili dalle persone.
Dyson preferisce imparare da solo, affrontando i fallimenti e scoprendo un modo tutto suo di far funzionare le cose. Imputa questa tendenza al fatto di non aver avuto un padre, qualcuno che gli spiegasse passo passo cosa fare.
Sentiva la mancanza di una figura paterna e, allo stesso tempo, riteneva che i suoi demoni interiori lo volessero far correre molto più lontano dei suoi fratelli.
Credeva fermamente nel fallimento e nella sua capacità istruttiva. Nel libro scrive che fallire è “un ottimo modo per acquisire conoscenze“.
Lavoratore, marito, costruttore?
Durante le vacanze, Dyson accettava “qualunque lavoro”, dal caricare sacchi di patate fredde e umide sui camion a rimuovere le estremità dei cavolini di Bruxelles ghiacciati.
All’inizio voleva fare il pittore perché credeva che quello fosse il destino di chi faceva la scuola d’arte ma poi si avvicinò sempre di più al design. James era affascinato da chi riusciva a costruire qualcosa, in un periodo in cui tutti in Inghilterra associavano la produzione a polvere, macchinari, olio di gomito e persone con poca cultura. Per lui, questo approccio del governo e delle elite era assolutamente intollerabile.
Secondo James, non c’era nulla di squallido nel disegnare, costruire e mettere in commercio un prodotto. Anzi, farlo significava dipendere meno dalle importazioni estere in mercati enormi come alimentari, automobili, elettrodomestici, edilizia etc. Anche nelle scuole si guardavano le materie scientifiche dall’alto verso il basso e questo invogliava gli alunni a prediligere materie umanistiche che però non servivano per costruire i prodotti del futuro.
Nel 1967 James sposò Deirdre, anch’ella artista. Entrambi economicamente precari e studenti, cominciarono a lavorare part time per pagarsi da vivere. Dato che i soldi non bastavano, però, accumularono uno scoperto bancario che poterono saldare solo quando James fece quarantotto anni!
Dyson amava le novità e diffidava delle ricerche di mercato. Chiedere ad un cliente cosa preferisce tra un’opzione A e B esclude automaticamente la C, se non è ancora stata inventata. Per questo motivo James amava gli audaci, ovvero tutti coloro che vivevano per creare valore, inventando le opzioni C, D,E, F e così via.
In particolare, aveva alcuni mentori come Alec Issigonis che aveva disegnato la prima MINI, una vettura certamente poco convenzionale che, però, aveva segnato risultati di vendita eccezionali.
Dal SeaTruck, una vita di battaglie…
James non apprezzava chi minacciava i ragazzi dicendogli che, se non si fossero impegnati nello studio, sarebbero andati in fabbrica perché, per lui, la fabbrica rappresentava il luogo della creazione delle novità che tanto amava.
Fin da ragazzo iniziò a disegnare progetti di ogni tipo, non importava se si trattava di natanti o della platea di un teatro. L’obiettivo era quello di innovare reinventando spazi e prodotti.
Conobbe il suo mentore, Jeremy Fry che lo coinvolse nel progetto del SeaTruck, un’imbarcazione utile al trasporto di carichi pesanti. James collaborò nella creazione del prodotto e Jeremy lo assunse per venderlo attraverso la sua società di ingegneria denominata Rotork Engineering.
Jeremy Fry insegnò a Dyson l’arte della vendita. Secondo l’imprenditore, non bisognava spingere le persone ad acquistare ma, piuttosto, fare tante domande, comprendere le aspettative degli utenti finali e proporre nuove opportunità.
Dopo qualche anno, nonostante avesse uno stipendio dignitoso, James abbandonò la Rotork per mettersi in proprio. Da qui in avanti, la vita di Dyson diventa una continua learning curve, fatta di ripetuti fallimenti, debiti onerosi e cause legali milionarie.
Prima James fonda una società che ridisegna totalmente la carriola, inventando un prodotto che chiama “BallBarrow“. In pratica, al posto della ruota anteriore c’era una sfera che consentiva alla carriola di ruotare più agevolmente, ottimizzando anche la distribuzione del peso.
Spende molto tempo per arrivare, tramite fornitori esterni, ad ottenere i materiali perfetti per il funzionamento del prodotto. Dopo qualche anno, però, senza aver, di fatto, guadagnato molto, viene estromesso dai suoi soci che lo liquidano malamente perché non volevano sviluppare il suo tanto agognato aspirapolvere.
Allora ricomincia, fondando una società con il suo mentore, Jeremy Fry per fare gli aspirapolvere. È qui che proverà all’infinito per arrivare ad un prodotto finito. Il suo tempo, però, per anni interi, viene mangiato da impegnative diatribe legali e scontri commerciali perché quando non produci né vendi direttamente il tuo prodotto ma ti occupi solo di brevettarne la tecnologia, è facile per i concorrenti copiarlo, come successe a Dyson.
Sempre a corto di soldi, dopo una causa milionaria, fortunatamente vinta, contro la Amway, ovviamente nata per problemi di licenze e plagio, James decide di ricominciare un’altra volta. Sul piatto mette tutto ciò che ha. Questa volta, il fallimento fa più paura del solito perché è l’ultima chance prima di perdere ogni cosa.
Basta licenziatari e fornitori terzi, la Dyson inizia a produrre i propri prodotti così da mantenerne i segreti all’interno della fabbrica. Poco importa se, almeno inizialmente, risulta difficile vendere gli aspirapolvere perché, per i distributori, il profitto generato dalla vendita dei sacchetti è troppo allettante per vederlo sfumare grazie ai prodotti dell’azienda di James.
Dal DC01, l’aspirapolvere che ha segnato la svolta importante dell’azienda, la Dyson incamera successi rivoluzionando non solo gli aspirapolvere ma anche asciugacapelli, ventilatori, cuffie, sistemi di illuminazione etc.
La filosofia su cui si basa la Dyson è quella di continuare ad innovare a qualsiasi prezzo. Ad esempio, l’azienda ha perso oltre 500 milioni di sterline cercando di rivoluzionare il concetto di macchina elettrica senza riuscirci ma è stato comunque un fallimento da cui ha imparato molto. Innovare è l’unica leva imprenditoriale che conosce James Dyson.
Alcune riflessioni finali sulle parole di Dyson in persona
“Deirdre fu così generosa da permettermi di accendere un’ipoteca sulla casa e, con i soldi diligentemente presi a prestito dalla Lloyds Bank e una montagna di debiti, avviai la mia prima fabbrica”
È chiaro che senza l’appoggio della famiglia, ottenere determinati risultati è molto più complesso. James Dyson ha potuto contare su una moglie e dei figli che non hanno mai smesso di credere nelle sue possibilità.
“Il cliente potrebbe dover risparmiare, chiedere un prestito o pagare a rate, come si faceva allora, ma se può, sceglie il meglio”
Dyson dice questo anche perché, quando provò a vendere la sua lavatrice per un prezzo minore rispetto a quello di lancio, non vide alcun effetto sui volumi. A volte, il prezzo può essere una componente secondaria se il tasso di innovazione del prodotto è davvero molto elevato.
“Derivavano da una sorta di intelligenza ingenua, cioè dall’inclinazione a seguire la mia stella lungo una strada dove potermi fermare a mettere in dubbio sia me stesso sia le opinioni degli esperti”.
Questo è un elemento che troviamo nelle biografie di molti personaggi noti, ovvero il seguire in modo continuativo l’istinto, anche attraverso periodi di grande stress, senza dubitare che i risultati, prima o dopo, arriveranno.
“Le cose non si cambiano mai combattendo la realtà esistente. Per cambiare qualcosa, costruisci un nuovo modello che renda obsoleto quello esistente“
Dyson critica molto l’esperienza. Se, a volte, può rivelarsi utile, in altri casi costituisce un freno al cambiamento. I nostri pregiudizi, in quest’ottica, ci impediscono di passare oltre, ripensando da capo un processo o un prodotto.
“Non c’è rischio più grande dell’inclinazione ad accontentarsi”
Accontentarsi, quando diventa uno stile di vita, significa abbassare sempre di più l’asticella fino al punto in cui la vita non rassomiglia minimamente ai sogni che si avevano in gioventù. Questo, purtroppo, per molti è un dato di fatto. Quando, invece, si guarda al futuro con ottimismo, impegnandosi per il raggiungimento di obiettivi ambiziosi, spesso accade esattamente l’opposto, ovvero che la vita superi le nostre più rosee aspettative.
Nell’ultima sezione del libro parla il figlio di James Dyson, Jake, anche lui in azienda. Ricorda le sofferenze del padre ed il suo stress durante gli anni difficili della società, così come scrive del mantra che il genitore gli ha trasmesso, quello di “imparare facendo”.
Il ritratto di James Dyson che emerge dalla sua autobiografia è quello di una persona determinata, che non ha paura della paura ma che, anzi, la utilizza come forza propulsiva per costruire oggetti preposti al miglioramento della vita di tutti i giorni, sui quali lui, il fondatore, ha il completo controllo, dalla progettazione delle componenti al processo di vendita ai clienti finali. È un uomo aperto alle novità, che elimina dalla testa i pregiudizi e che crede nell’applicazione sul campo della formazione che, se rimane solo sui libri, diventa poco utile per se stessi e, soprattutto, per gli altri.
È grazie ai suoi principi che oggi la Dyson è un’azienda multinazionale che impiega 14.000 persone ed ha un fatturato pari ad oltre 7 miliardi di sterline.