Quando affrontiamo un problema, esso di compone di due “pesi”, il Carico Reale ed il Carico Emotivo. Esploriamo la differenza tra i due e perché è importante sbarazzarsi in fretta del secondo.
Dalla lettura delle biografie degli altri, possiamo apprendere quali siano stati gli ostacoli più importanti che le persone si sono trovate ad affrontare, di volta in volta, nel corso della propria vita.
Tra questi, molti dipendono da fattori esogeni (legati, dunque, al mondo esteriore) ma altri, al contrario, riguardano esclusivamente noi ed il nostro modo di approcciare i problemi.
Ricordiamoci, infatti, che “possiamo essere schiavi delle nostre stesse idee” e ciò significa che siamo capaci di vedere limiti dove non esistono, anticipare tragedie che non si verificheranno mai, maturare pregiudizi sulla base di pochi e inaffidabili elementi e così via.
Quando approcciamo per la prima volta un problema/tema, tale ostacolo si compone di due elementi, un Carico Emotivo ed un Carico Reale. Due pesi che stressano la nostra mente, esattamente come un’incudine che si poggia su di noi, facendo pressione.
Il Carico Reale è il peso, generalmente gestibile e leggero, generato dal problema. Se, ad esempio, abbiamo una riunione di lavoro, il Carico Reale è costituito dal tempo che la riunione ci assorbirà e da ciò che dovremo leggere/preparare al fine di arrivare al meeting con cognizione di causa.
Il Carico Emotivo, invece, non ha nulla a che vedere con la realtà ma è frutto di come percepiamo noi stessi e gli altri. Tale peso è alimentato da paure, preoccupazioni, supposizioni, ipotesi, interpretazioni etc.
Nell’esempio sopra descritto, il Carico Emotivo può essere rappresentato da un’infinità di elementi: dalla nostra paura di fare brutta figura, dal timore di non ricordare qualcosa, dallo spettro del fallimento nell’ottenere i risultati che vogliamo, dall’interpretazione negativa che diamo alla mail di un collega, propedeutica alla riunione e via dicendo.
Sbarazzarsi del Carico Emotivo
Generalmente, il Carico Emotivo (C.E.), riguarda un pensiero ego-riferito (che riguarda noi stessi). In altre parole, è come se l’attenzione del mondo fosse costantemente su di noi, tutte le azioni che facciamo venissero passate al vaglio e tutti si occupassero solo di giudicarci.
La vita vera, però, non è così. Nella realtà, le persone tendono ad essere concentrate su di loro e non sugli altri. È per questo che, di tanto in tanto, si vedono dei video dove, sullo sfondo, passa un elemento disturbante (es. un gorilla viola o un aereo in picchiata) senza che nessuno se ne accorga. Succede perché le persone sono distratte dai propri pensieri, non hanno tempo né voglia di fare attenzione spasmodicamente a noi.
Anni fa mi successe di dover parlare per la prima volta in pubblico, di fronte ad una platea di circa 600 persone. All’inizio, il mio C.E. era molto elevato. Mi preoccupavo di schiarirmi la voce, di quello che avrei detto, di non fare gaffe.
Fu lì che il mio mentore dell’epoca, un ex imprenditore americano che recentemente aveva deciso di dedicare la propria vita all’insegnamento, mi disse: “Nella platea c’è chi è annoiato, chi ha fame e vuole andare a cena, chi è in apprensione per un messaggio che deve ricevere, chi guarda le notizie sul cellulare. Insomma, parla come se fossi davanti ad un amico. Domani si ricorderanno sì e no il 20% di quello che hai detto“. Aveva assolutamente ragione.
Per abbattere il Carico Emotivo bisogna rivolgere il proprio sguardo all’esterno, piuttosto che dentro di noi, senza avere paura di come verremo percepiti, allontanando, dunque, quei pensieri che ci suggeriscono scenari ipotetici negativi (Proiezioni) che in realtà sono solo frutto dell’immaginazione.
Se, da un lato, avere un Carico Emotivo elevato quando facciamo un’esperienza per la prima volta può essere normale, dall’altro è opportuno abbatterlo in fretta per vivere meglio e passare oltre.
Precisazioni
Ho deciso di iniziare il progetto MassimoSchiraldi.com per portare ai lettori 1 biografia a settimana, organizzata in pillole leggibili in 5 minuti, complete delle mie osservazioni.
Non sono né uno psicologo né uno psicoterapeuta. Le mie osservazioni nascono dalla lettura pedissequa di testi che parlano delle vite degli altri (dal 2020, infatti, ho preso l’abitudine di leggere un libro a settimana).