Jeff Bezos & l’importanza delle porte girevoli

Autore:

Massimo Schiraldi

Argomenti:

Caro lettore,

Oggi parliamo di un uomo che, per lungo tempo, è stato il più ricco del mondo, ovvero di Jeffrey Preston Bezos, meglio noto come Jeff, fondatore di Amazon.com.

Per analizzare la vita di Jeff ho letto il libro, scritto da egli stesso, con la prefazione di Walter Isaacson, dal titolo “Inventa & Sogna, il mio codice di vita“.

Conta cominciare, non da dove si comincia

Jeff nasce ad Albuquerque, nel Nuovo Messico (USA) nel 1964 da una ragazza che rimase incinta quando aveva diciassette anni. Il nonno materno dovette battersi, all’epoca, per non farla espellere dal liceo che frequentava.

Il padre di Jeff non è stato quello biologico ma l’immigrato cubano Miguel Bezos, arrivato negli Stati Uniti chiedendo asilo politico a sedici anni. A Jeffrey, questo personaggio ha insegnato il valore dell’autonomia e della determinazione, rappresentando egli stesso un esempio di indipendenza e voglia di avventura.

È interessante notare come, in molti casi, chi è riuscito a creare valore, in modo importante, sia partito da origini molto umili. Non tanto per l’aspetto economico ma, più che altro, per la capacità di immaginare un percorso verso la grandezza, pur partendo da condizioni che tendono a farti sentire estremamente piccolo rispetto alle complessità del mondo.

Disegna un orizzonte e avvicinalo agli altri

Jeff ha sempre preferito Walt Disney ad Edison per l’abilità che Disney aveva avuto di immaginare un mondo diverso e renderlo attrattivo per milioni di persone. Senza Disney, probabilmente tale mondo non sarebbe mai apparso mentre le invenzioni di Edison, magari avrebbero visto la luce, sebbene realizzate da qualcun altro.

Non conta, quindi, semplicemente creare valore ma farlo a modo proprio, all’interno di uno schema di idee innovative diverse da quelle che potrebbe generare qualcun altro. Insomma, meglio Disney di Edison.

Secondo lo stesso principio, quando Jeff studiava a Princeton per laurearsi in fisica, si rese conto che non avrebbe mai potuto apportare un valore significativo al mondo della fisica teorica. Stava, infatti, cercando di risolvere un’equazione particolarmente complessa con l’aiuto di un compagno di studi senza riuscire a venirne a capo quando si rivolse ad un altro collega, un certo Yosanta che, dando un semplice sguardo all’equazione, la correlò ad un problema che aveva già risolto molto tempo prima ed arrivò alla soluzione velocemente.

Questo episodio fece capire a Jeff che avrebbe dovuto cercare di creare valore altrove. In fisica, erano le persone come Yosanta a fare la differenza. Per questo, dopo la laurea, andò a lavorare per la società di investimenti di David E. Shaw, un hedge fund che impiegava algoritmi computerizzati per individuare disparità di prezzi nei mercati finanziari.

Qui c’è un tema da notare con attenzione. Un tratto comune per chi crea valore è quello di non volerne creare solo per se stessi ma anche per gli altri. Per guadagnare un buono stipendio non serviva essere il migliore fisico teorico al mondo ma Jeff non cercava lo stipendio, cercava di fare la differenza, tema ricorrente nelle vite di chi ha ottenuto risultati eccezionali. Vuoi guadagnare valore? Bene, allora creane per gli altri e trattienine una parte per te. Questo è il mantra.

Strategia Zero Rimpianti

Per creare valore, Jeff voleva iniziare un’attività imprenditoriale. Vide che il web cresceva del 2.300% all’anno, un trend praticamente senza precedenti. La sua idea era semplice: vendere libri online.

Aveva pensato ai libri perché, nonostante i titoli stampati fossero circa 3 milioni, non sarebbero mai potuti entrare tutti in un negozio fisico. Ecco la sua opportunità di creare valore, qualcosa che sul mercato non c’era ma che per il cliente finale poteva rappresentare un reale vantaggio.

Ne parla con il suo capo, David E. Shaw il quale gli dice che si tratta di una buona idea per qualcuno che non ha già un buon posto di lavoro. Jeff, per decidere, si domanda: “Rimpiangerò di non essermi messo in proprio a ottant’anni?“. La risposta è “affermativa e, quindi, sceglie di raggiungere Seattle, dove altre società tecnologiche erano nate (come la stessa Microsoft) e fondare Amazon.

Questa è una strategia che, nella vita, gli tornerà utile quando avrà dei dubbi sulle scelte da fare. È importante minimizzare i rimpianti che si potranno avere alla “fine della corsa”. Se qualcosa può trasformarsi in un rimpianto, significa che dobbiamo buttarci e provare.

Furono i genitori di Jeff, tra gli altri, ad investire in Amazon una parte corposa dei risparmi di una vita. Non credevano nell’idea in sé perché, in realtà, probabilmente non l’avevano nemmeno capita molto bene, internet era infatti agli albori. Credevano nel loro figlio e decisero di buttarsi.

All’epoca, Jeff gli disse che le probabilità di successo erano del 30% ma, fornendo quella cifra, moltiplicava per tre le reali chance che hanno le start up di sopravvivere, pari ad una volta su dieci circa.

Amazon come Game Changer

Jeff si rese conto che i clienti non volevano solo i libri. Di fatto, Amazon era un posto dove le persone cercavano tutto ciò che nei negozi non c’era perché, normalmente, non viene acquistato così frequentemente e, dunque, non trova spazio negli assortimenti del retail fisico.

Fu così che gli articoli trattati da Amazon non si limitarono solo ai libri. Le categorie si ampliarono per comprendere musica, film, giocattoli e molto altro ancora.

Jeff voleva creare l’azienda più clientecentrica al mondo. Quando doveva ampliare la selezione di articoli, scriveva ai clienti: “Che cosa vorreste trovare su Amazon?“. Le risposte erano le più disparate e andavano dai tappetini per l’auto agli accessori di vario genere. Lui prendeva nota ed inseriva tutti gli articoli richiesti.

È ossessionato dal creare valore per i propri clienti. Inizialmente Amazon vende solo direttamente ma poi apre il proprio Marketplace, dove fornitori terzi possono mostrare e vendere i propri prodotti, in concorrenza con Amazon stessa. Non importa, ciò che è rilevante è che il cliente ne tragga beneficio.

Quando si pensa ad implementare il servizio Prime, ovvero ciò che Jeff chiama “un buffet all you can eat” per le consegne gratuite, molti sconsigliano l’operazione per le perdite potenziali. “Chi si presenta per primo quando apri un buffet?” era la domanda, a cui seguiva la risposta “Chiaramente i più voraci“. Sulla carta, poteva apparire una pazzia attivare il servizio.

Jeff decide di rischiare, il cliente viene prima di tutto e poi, lui ha una regola di vita: nelle decisioni importanti bisogna anche seguire cuore e intuizione, oltre ai semplici dati empirici.

Farà lo stesso con Amazon Web Services, società nata per evitare alle aziende il disturbo di creare da sé i propri data centers, fornendone invece di espandibili tramite un servizio in abbonamento.

Anche FBA, il programma fulfillment by Amazon che consente a rivenditori terzi di vendere attraverso la piattaforma, si dimostrerà una scommessa riuscita, così come Kindle Direct Publishing che consentirà a molti scrittori di guadagnare più royalties sulle proprie opere, potendo godere di una distribuzione importante. Queste ed altre iniziative diventeranno delle vere e proprie macchine da soldi per Amazon.

La domanda da farsi è sempre: “Chi è il mio cliente e come faccio a soddisfarlo?“. Non comprendere chi sia il cliente può risultare fatale

Per Jeff che è riuscito a far tornare profittevole il Washington Post quando lo ha acquistato, nel caso di un giornale, ad esempio, il cliente sono i lettori e non gli inserzionisti. Chi fa pubblicità la fa come conseguenza ma lo scopo del Post e degli altri giornali dovrebbe essere quello di seguire il lettore, non l’inserzionista.

Jeff, nel tempo, continuava ad investire su nuove iniziative ed a credere nella mission di Amazon. Ogni anno passato come CEO, dal 1997, comunicava la strategia ai propri investitori tramite lunghe lettere esplicative. “Continueremo a prendere le nostre decisioni di investimento in funzione dell’obiettivo di arrivare a essere leader di mercato a lungo termine invece che pensando alla redditività a breve termine“, scrive il fondatore.

Qualcuno, provocandolo, prima che Amazon diventasse profittevole, gli chiese se sapesse almeno scrivere la parola “profitti” e lui rispose: “Sì, P-R-O-F-E-T-I”.

Lui continuava per la sua strada con l’obiettivo di avere un cash flow positivo. Si possono fare utili anche con business che assorbono troppa cassa, scriveva, e non è quello l’obiettivo di Amazon. L’azienda, nel breve termine, non massimizza il profitto ma continua a pensare al cliente abbattendo i prezzi continuamente.

Jeff imposta, in Amazon, una gestione frugale, tenendo i costi bassi e cercando sempre i missionari, preferendoli ai mercenari.

Missionari, Mercenari e altre stranezze

Jeff pensa che i mercenari puntino sempre a sbarazzarsi della propria merce mentre i missionari amano il loro prodotto e i propri clienti. Questi ultimi si impegnano costantemente per offrire un servizio sempre maggiore e, di solito, sono quelli che, seppure non interessati ai soldi, si arricchiscono di più.

Jeff non ama PowerPoint ma preferisce memo di massimo 6 pagine, scritte da chi vuole affrontare un argomento per bene all’interno dell’azienda. Una presentazione serve a vendere ma, se c’è un problema, indorare la pillola risulta inutile. Sempre meglio scrivere e dettagliare. A volte, prima di iniziare una riunione i memo vengono letti dai partecipanti in religioso silenzio.

La cultura del fondatore di Amazon è improntata all’ottimismo ed alla positività. Tutto il resto non trova spazio nella mente di chi vuole creare valore.

Jeff invoglia i suoi a pensare a cosa non cambierà nei prossimi dieci o venti anni e non a cosa cambierà. I clienti continueranno a volere prezzi bassi? Probabilmente sì. Vorranno consegne veloci? Assolutamente. Preferiranno avere meno scelta? Molto probabilmente no. Su cosa non cambierà è possibile investire tempo e denaro.

In Amazon, poi, si parla poco di proiezioni finanziarie, il focus rimane il cliente. I dati finanziari sono una conseguenza di un ottimo lavoro fatto sul prodotto.

Amazon arriva ad offrire soldi ai dipendenti per andarsene. Nell’oggetto della mail c’è scritto “Per favore, non accettare“. E sì perché il punto non è liberarsi di un bravo dipendente ma scaturire in lui un momento di riflessione per capire se lavorare in Amazon è veramente ciò che vuole nella vita o se ormai ha il cervello sul pilota automatico, diretto verso una vita di frustrazioni potenziali.

L’importanza delle porte girevoli

Per Jeff esistono due tipi di decisioni, quelle reversibili (le porte scorrevoli) e quelle irreversibili. Per le seconde, è importante che il processo decisionale sia sufficientemente articolato ma per le prime non possiamo permetterci di essere lenti. Le decisioni, a volte, vanno prese anche con il 70% delle informazioni, senza ricercare la perfezione.

La tendenza delle grandi aziende, infatti, è quella di incancrenire i processi decisionali rendendoli lenti e farraginosi, senza ricordarsi che molte scelte non sono altro che porte girevoli. Ciò porta alla morte delle aziende che, da agili e veloci, si ritrovano impantanate.

Fallimento e altri consigli

Per Jeff gli individui e le imprese hanno il dovere di rischiare e di fallire. Se non fallisci, significa che stai giocando troppo cautamente. Per ogni successo di Amazon ci sono stati vari fallimenti, come, ad esempio, il Fire Phone. Se si fallisce, bisogna fallire in fretta e rialzarsi, andando avanti.

È importante poi non avere aspettative troppo ottimistiche sul tempo da impiegare. Pensare di bruciare le tappe e fare in tre giorni ciò per cui serve un mese, significa creare delle auto frustrazioni gratuite e controproducenti.

Jeff, poi, non sempre crede nelle ricerche di mercato perché si basano su ciò che il cliente dice di volere oggi, senza sapere che, magari, ci sono modi innovativi che non si immagina per rispondere a delle esigenze latenti già identificate. Ricordiamo la frase di Henry Ford: “Se avessi chiesto ai miei clienti cosa volessero, mi avrebbero risposto: Un cavallo più veloce“.

Alcune frasi che mi hanno colpito

Jeff, un giorno capirai che essere buoni è più difficile che essere intelligenti

Questo è assolutamente vero. È tramite la creazione di valore per gli altri che si riesce ad avere successo. Non c’è nulla di più comune di persone intelligenti che non riescono a mettere a servizio degli altri questa dote.

Bisogna sempre conservare un pizzico di scetticismo rispetto a quel tipo di compensazione, perché c’è il rischio che le persone restino in azienda per i motivi sbagliati

Qui si parlava di alcuni benefit aziendali. È importante trattare bene i dipendenti ma è anche fondamentale che rimangano perché credono nella mission aziendale e non solo perché ci sono i tavoli da ping pong in ufficio. Attraendo i missionari, l’azienda avrà successo perché è il successo dell’azienda e del prodotto ciò che interessa ai missionari.

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Ciao sono Massimo, un consulente di marketing strategico e giornalista editorialista. Dal 2024 sono Direttore Responsabile della rivista specializzata Retail Watch.

Nel 2020 ho deciso di impegnarmi a leggere 52 libri l’anno (1 a settimana), privilegiando le biografie. Ho imparato la disciplina dagli “All Blacks”, la perseveranza da James Dyson, la negoziazione da Winston Churchill, il sacrificio da Leonardo Del Vecchio e molto altro ancora.

È tramite gli occhi degli altri che comprendiamo come il nostro sia solo un punto di vista. Il mondo ha 16 miliardi di occhi, non accontentiamoci di vederlo solo con 2.

Nel 2024 ho deciso di organizzare i concetti e condividerli con voi in pillole leggibili in 5 minuti.

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